La gestione termica delle batterie agli ioni di litio svolge un ruolo importante per la loro durata, le prestazioni e i rischi per la sicurezza.
La temperatura di esercizio ottimale per una batteria agli ioni di litio è compresa tra i 20 e i 40°C. Nella maggior parte delle batterie agli ioni di litio è presente un sistema di controllo della temperatura del dispositivo (“Battery Management System”, BMS) che impedisce alla batteria di funzionare oltre una certa soglia di temperatura (di solito 60°C).
Se la temperatura della batteria supera questa soglia, si verifica la decomposizione del rivestimento anodico. Al di sopra dei 70°C, l’elettrolita inizia a evaporare e ad aumentare la pressione nella cella, il che può causare guasti meccanici all’interno della batteria. Il calore aumenta la velocità della reazione che a sua volta aumenta la temperatura. Una successione di reazioni chimiche esotermiche all’interno di ciascuna cella può innescare una fuga termica che porta a un effetto domino fino al degrado di tutte le celle della batteria. Sovraccarichi, cortocircuiti o la presenza di calore esterno possono essere all’origine di questa fuga termica. L’aumento incontrollato della temperatura e della pressione all’interno della batteria provoca la degradazione dell’elettrolita che può fuoriuscire (sotto forma di liquido o di gas), incendiarsi ed esplodere.
L’elettrolita è composto da un solvente, principalmente carbonati organici, e da un sale conduttore come l’esafluorofosfato di litio (LiPF6). I carbonati organici in forma liquida o gassosa presentano un elevato rischio di infiammabilità, mentre l’esafluorofosfato di litio è nocivo se ingerito e provoca gravi danni alla pelle e agli occhi in caso di contatto. Può anche causare danni agli organi se il contatto è prolungato o ripetuto. Se l’elettrolita fuoriesce e reagisce con l’umidità o l’acqua, o se prende fuoco, può formarsi acido fluoridrico (HF) liquido o gassoso. La sua concentrazione dipende dalla temperatura della combustione e dalla quantità di elettrolita che sta bruciando.
L’acido fluoridrico rappresenta un doppio pericolo per il corpo umano. È un prodotto corrosivo a causa degli ioni H+ presenti nell’acido che distruggono le aree superficiali del corpo umano e molto tossico a causa degli ioni fluoruro F– che penetrano in profondità e provocano una necrosi cellulare. La chelazione degli ioni fluoruro sul calcio e sul magnesio provoca ipocalcemia e ipomagnesiemia, nonché la distruzione dei tessuti sottostanti. La deplezione di questi elementi porta a un eccesso di potassio e provoca uno squilibrio biologico che può manifestarsi con aritmie cardiache.
Quanto maggiore è la concentrazione di HF, tanto più rapidamente la vittima avvertirà le conseguenze dell’esposizione. Ad esempio, quando la concentrazione di acido fluoridrico è inferiore al 20%, il dolore compare solo 24 ore dopo il contatto con il tessuto. La gravità e le conseguenze dell’esposizione dipendono dalla quantità e dalla concentrazione di HF e dalla superficie interessata. Il contatto con l’HF può provocare gravi effetti sistemici (fino all’arresto cardiaco, …), gravi ustioni della pelle, degli occhi o del tratto digestivo, nonché irritazione delle vie respiratorie in caso di inalazione fino all’edema polmonare.
Oltre all’acido fluoridrico, durante la combustione dell’elettrolita si formano e vengono rilasciati anche altri gas tossici (ossidi di carbonio).